La filosofia ha origine in Asia Minore, più precisamente a Mileto, una colonia ionica. Inizialmente, gli uomini affrontano in modo razionale il problema dell’origine di tutte le cose e della loro unità, invece di spiegarle attraverso miti e leggende. Questa unità, considerata come la base e la sostanza di tutti i fenomeni naturali, viene cercata non al di fuori, ma all’interno della natura stessa e viene identificata con alcuni dei suoi elementi. In questo breve articolo conosceremo sinteticamente il pensiero di Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito,
La filosofia della natura
La riflessione filosofica che precede Socrate, nota come presocratica, si concentra sul problema cosmologico. Questo problema riguarda la ricerca di un principio unificatore che, al di là delle molteplici e diverse apparenze, renda la natura un mondo unitario e renda possibile la conoscenza umana. Questa unità viene identificata come la sostanza di cui tutte le cose sono composte, la forza che spiega il costante cambiamento delle cose e il principio che spiega l’origine del mondo e ne rende l’intellegibile.
La natura, indagata dai filosofi presocratici, è caratterizzata da un carattere attivo e dinamico e non si limita semplicemente alla realtà sensibile. La grande conquista della filosofia presocratica, nonostante la semplicità dei temi trattati e alcune concezioni ingenue, è stata quella di concepire per la prima volta la natura come un mondo ordinato, con una sostanza fondamentale che costituisce il principio dell’essere e del divenire.
A Mileto, nasce la prima scuola filosofica in cui il problema della physis viene affrontato con un approccio tipico: la ricerca dell’arché, il principio originario, che è la sostanza o l’elemento primario e generatore su cui si basa tutto ciò che esiste. Questo principio non viene identificato attraverso un mito, ma viene razionalmente indagato nella stessa natura.
Talete
Vive a Mileto durante la prima metà del VI secolo a.C. Non ha lasciato alcuna opera scritta. Le testimonianze di Aristotele e Diogene Laerzio lo considerano il pioniere della filosofia della natura, nota come physis, e più in generale della filosofia nel suo senso più ampio, poiché è il primo a porsi una questione di portata universale. Egli si chiede qual è l’origine di tutto e offre una risposta esclusivamente razionale, non basata su miti o credenze religiose. La sua ricerca mira a trovare un unico principio generale da cui dedurre induttivamente l’esplicazione di tutti i fenomeni naturali.
Talete individua l’acqua come l’origine di tutto, poiché osserva che l’umidità è presente in tutte le cose e può essere considerata sia come elemento costitutivo che come fondamento di tutte le realtà. Talete attribuisce al principio dell’acqua un carattere divino, affermando ad esempio che “tutto è pieno di dei”, sottolineando così l’ubiquità e l’origine di tale principio. Inoltre, se tutto è composto dall’acqua, tutta la natura è intrinsecamente animata (ilozoismo), senza alcuna distinzione tra esseri animati e inanimati.
Anassimandro
Allievo di Talete, vive a Mileto tra il VII e il VI secolo a.C. e scrive un’opera intitolata “Sulla natura”. Secondo la tradizione, è il primo a introdurre il termine “arché” nell’uso filosofico, che identifica con l'”ápeiron“, una sorta di infinito (quantitativo) o indefinito (qualitativo) da cui tutte le cose scaturiscono attraverso la separazione di opposti come caldo/freddo, secco/umido, e così via. Nonostante l'”ápeiron” rappresenti un notevole sforzo di astrazione, in quanto non si identifica con nessun elemento sensibile ed è qualcosa di indeterminato che precede tutte le determinazioni, viene ancora pensato in modo sostanzialmente fisico. Anassimandro chiama questo processo di derivazione “ingiustizia”, per indicare che ogni nascita equivale a una colpevole separazione dall’intero primordiale.
Segue alla nascita, secondo un ordine cosmico determinato dal tempo, l’espiazione, intesa come morte che rappresenta un ritorno alla condizione primitiva e un ripristino dell’equilibrio originario. L'”ápeiron” è un elemento divino, una forza “immortale e indistruttibile” che “abbraccia” e “sostiene” l’universo. Proprio a causa dell’infinitudine del principio da cui scaturisce, si ritiene che l’universo sia formato da infiniti mondi.
Anassimene
Vive a Mileto nel VI secolo a.C., è discepolo di Anassimandro e autore dell’opera intitolata “Sulla natura”. Sostiene che il principio fondamentale di tutte le cose sia l’aria, che, per la sua natura “vicina all’incorporeo” poiché invisibile e intangibile, e per la sua diffusione universale, può fungere da substrato per ogni generazione e trasformazione meglio di qualsiasi altro elemento.
Anassimene cerca inoltre di spiegare dinamicamente il processo di derivazione delle cose dall’aria: infatti, l’aria si trasforma mediante un processo di condensazione in acqua e successivamente in terra, mentre con un processo di rarefazione si trasforma in fuoco. In questo modo, la molteplicità delle cose viene spiegata come effetto di diverse aggregazioni dello stesso principio. Anassimene assimila anche all’aria il principio psichico e vitale degli esseri umani e la considera divina in quanto “arché”.
Eraclito e la filosofia del divenire
Vive a Efeso fra il VI e il V sec. a.C., scrive un’opera intitolata Sulla natura, di difficile interpretazione per lo stile denso e allusivo, tanto che gli vale il soprannome di “Oscuro”. Il suo merito, e il suo tratto di originalità, consiste nell’aver portato in primo piano il dinamismo della natura, che già i suoi predecessori Talete, Anassimandro, Anassimene avevano notato, ma non evidenziato nel modo dovuto.
Il suo pensiero, noto attraverso la celebre massima “tutto scorre“, si basa sull’osservazione empirica del continuo cambiamento di tutte le cose, ma si eleva a una visione organica e coerente della realtà. Secondo Eraclito, il divenire della natura non è caotico, ma segue la legge dei contrari, in cui ogni realtà si muove da un opposto all’altro. Questa “guerra” è la “madre di tutte le cose”, ma a un livello più elevato si manifesta come un’unità armoniosa, in cui gli opposti si conciliano e dall’unione delle cose nasce la più bella armonia.
I contrari sono due aspetti inscindibili della stessa realtà, e questa unità superiore dei contrari rappresenta la sua vera essenza. L’armonia dei contrari e l’incontro degli opposti costituiscono la “physis” (natura) della realtà e si manifestano attraverso il fuoco, che è in costante movimento, si presenta come una forma unitaria (la fiamma) e trae la sua vita dalla morte del combustibile (cioè esiste perché si muove da un opposto all’altro), realizzando appieno i principi del divenire. Il fuoco è il principio cosmico e la sua potenza generatrice è la “physis”, che è guidata dal “lógos”, la legge del cosmo. Pertanto, il fuoco di cui parla Eraclito possiede una forma di intelligenza (lógos) – una razionalità intrinseca, trascendente e immanente alle cose – che fa sì che esse si manifestino in una forma regolare e ordinata. Inoltre, poiché è il principio del mondo, il fuoco ha anche una natura divina.
Eraclito: La gnoseologia
La natura della gnoseologia di Eraclito dipende da questi principi fisici ed è principalmente incentrata sulla conoscenza del lógos-fuoco. Essa privilegia nettamente la conoscenza razionale rispetto a quella dei sensi, che può al massimo percepire le opposizioni delle cose nel particolare, ma non l’armonia che si manifesta negli opposti che si alternano nel fluire cosmico del tutto. La verità, infatti, non può essere appresa attraverso i sensi o interrogando direttamente la natura, come avevano fatto i filosofi di Mileto, ma solo attraverso la riflessione razionale, che è “pensiero” ma anche “discorso” (in greco: lógos), eternamente e assolutamente valido indipendentemente da chi lo ricerca.
Eraclito: La psicologia e l’etica
Dall’arché-fuoco deriva anche la psicologia, che considera l’anima di natura ignea e dotata di lógos, ossia di ragione. Da questa psicologia deriva a sua volta un’etica che sostiene che l’uomo, nelle sue azioni, non deve lasciarsi guidare dalle passioni, ma dal lógos e dal nómos (legge), che rappresentano la giusta misura e l’unico valido criterio di giudizio.