Ernst Bloch: marxismo, utopia e speranza

Ernst Bloch, nato a Ludwigshafen (Germania) nel 1885 da una famiglia ebrea, ha condotto i suoi studi in varie città tedesche, tra cui Berlino e Heidelberg, dove ha stretto amicizia con Lukàcs. Durante la guerra, Bloch, pacifista convinto, si è rifugiato in Svizzera, dove ha sviluppato un interesse per il marxismo. Nel 1918 ha pubblicato “Spirito dell’utopia” (successivamente rielaborato nel 1923), seguito da “Thomas Münzer come teologo della rivoluzione” nel 1921 e dalla raccolta di aforismi e parabole intitolata “Tracce” nel 1930.

Ernst Bloch

La fuga dai nazisti

Nel 1933, per sfuggire alle persecuzioni naziste contro gli ebrei, Bloch emigra a Zurigo, successivamente a Vienna e Parigi, e infine negli Stati Uniti, dove è rimasto fino al 1949. In quell’anno è tornato in Germania per insegnare presso l’Università di Lipsia. Qui è stato uno dei fondatori della rivista tedesca di filosofia “Deutsche Zeitschrift für Philosophie” e ha pubblicato un’ampia opera su Hegel intitolata “Soggetto-oggetto” nel 1949, nonché la sua opera più famosa e importante, intitolata “Il principio speranza” (1954-1959). Nel 1957, a causa delle accuse di idealismo irrazionalista, antimaterialista e antidialettico, Bloch è stato messo in congedo forzato e alcuni dei suoi studenti sono stati addirittura arrestati. Pertanto, nel 1961, trovandosi in Baviera durante la costruzione del Muro di Berlino, ha deciso di non fare ritorno in Germania Est e ha accettato un incarico come insegnante presso l’Università di Tubinga, dove è deceduto nel 1977.


Il rifiuto della realtà e della conoscenza oggettiva

L’assunto fondamentale di Bloch è che la realtà esistente non soddisfa mai pienamente il soggetto e, in questo senso, non è “vera”: la verità verso cui tende il soggetto, immaginando e desiderando ciò che gli manca, non è qualcosa di già dato, ma è un’utopia che supera il presente e si proietta verso il futuro. Bloch respinge quindi ogni forma di pensiero contemplativo, concepito come un semplice riflesso passivo di ciò che è già stato, stagnato in un eterno presente.

Bloch critica il concetto di neutralità di una presunta conoscenza oggettiva: in realtà, il pensiero è sempre influenzato da una prospettiva e la contemplazione equivale essenzialmente ad accettare la realtà esistente. Al contrario, il pensiero utopico può individuare tracce del futuro nel passato e va al di là dei dati per puntare verso il futuro, che assume una posizione di primaria importanza. Tuttavia, il pensiero utopico si differenzia dalla pura fantasia in quanto interagisce con ciò che intende superare, cioè con le tendenze reali che operano nel presente, come insegnato dal maestro Marx: in questo senso, è un’utopia concreta, una possibilità reale.

Ernst Bloch: La doppia dialettica

Al centro del pensiero utopico si trova la nozione di dialettica, essenziale per inserirsi in modo efficace nelle contraddizioni presenti nella realtà e collegarsi al movimento reale della storia per realizzare la verità utopica. Tuttavia, Bloch riconosce l’esistenza di due tipi di dialettica: la prima è statica e chiusa, imprigionata da Platone e Hegel in quello che Bloch definisce “l’incantesimo dell’anamnesi“, che consiste nel semplice ricordo di ciò che è già stato, cristallizzato nell’essenza; la seconda dialettica, invece, è dinamica e aperta al nuovo, mantenendo costantemente la possibilità che il reale non sia ancora razionale e scavando sottoterra come una talpa per giungere alla luce.

Sulla base di questa prospettiva, Bloch costruisce una vera e propria antropologia: l’uomo è un essere caratterizzato da bisogni e pulsioni, di cui il più fondamentale è l’autoconservazione, che si manifesta concretamente come fame. Nell’uomo, questo bisogno si affina ed eleva al di sopra dell’immediatezza, arricchendosi e trasformandosi in affetti, soprattutto quelli che non possono essere immediatamente soddisfatti e che rimandano al futuro. In questo contesto, la speranza, intesa come attesa trepidante di un nuovo portatore di salvezza, occupa una posizione di primaria importanza tra gli affetti.

Il concetto del nuovo non ha mai contorni completamente definiti, è sempre avvolto nell’oscurità. Per questa ragione, l’uomo è costituito da una dimensione dell’inconscio che si percepisce come ancora non consapevole, illuminabile solo in un futuro desiderato e che si manifesta nella tensione e nella ricerca di esso (Sehnsucht in tedesco). In questa prospettiva, Bloch riconosce il limite della psicoanalisi, che riduce la sfera dell’inconscio al passato, a ciò che è stato rimosso e dimenticato, non più consapevole. In realtà, esistono anche sogni ad occhi aperti correlati a ciò che non è ancora accaduto, anticipatori del futuro.

Ernst Boch: La dimensione teologica della materia

Nella terza parte della sua vasta opera, “Il principio speranza”, Ernst Bloch costruisce una sorta di enciclopedia dei desideri e delle speranze, alla ricerca delle tracce presenti nelle fiabe, nei romanzi popolari, nei gialli e nelle avventure, nella pubblicità, negli spettacoli circensi e così via. Da un lato, questo si collega al gusto di Bloch per il particolare e il banale della vita quotidiana e della civiltà di massa, in cui traspare sempre qualcosa di vero, e, dall’altre parte, al suo stile ricco di metafore, immagini e parabole, capaci di esprimere queste tensioni verso il futuro.

Ernst Bloch ritiene che questa costante tendenza dell’uomo a trascendere ciò che è dato in ogni momento abbia una base reale nella materia stessa. Egli respinge il concetto di materia del positivismo, presente anche nel materialismo dialettico, secondo cui la materia sarebbe solo passività, caratterizzata da movimenti puramente meccanici senza alcun scopo. Al contrario, la materia è potenzialità, permeata da un impulso (Trieb in tedesco) immanente verso la propria realizzazione in forme sempre nuove, cioè verso una meta ancora latente, mai raggiunta in precedenza, ma non preclusa: la materia è quindi caratterizzata da una dimensione teologica.

Bloch è convinto che questa concezione, già presente nella filosofia di Aristotele accanto alla teoria della materia come passività, sia stata sviluppata dalla cosiddetta “sinistra aristotelica” e dagli arabi, e successivamente da Giordano Bruno, Schelling ed Hegel.

Sotto questo punto di vista, Habermas ha definito la teoria di Bloch come “materialismo speculativo”. Secondo questa teoria, la natura stessa non è qualcosa di completamente dato e definito una volta per tutte, ma è una natura in divenire, aperta a sempre nuove possibilità. Di conseguenza, il mondo si configura come un laboratorio di continue sperimentazioni e anticipazioni del nuovo, in cui il principio della speranza permea anche la cosmologia.

Ernst Bloch: L’antropologia della speranza e il marxismo

Alla base dell’antropologia e della concezione della materia di Ernst Bloch si trova un’ontologia del non-essere-ancora, secondo cui è costitutivo dell’essere in generale il non-essere ancora, l’anticipazione del futuro e il suo mirare. La realtà dell’essere è la realtà di qualcosa che si trova nel futuro, e il futuro è già reale come possibilità oggettiva. L’esistenza originaria, nella sua concretezza, è contemporaneamente impulso, bisogno e fame, e quindi l’inizio del movimento verso qualcosa. Il “non” del non-essere ancora genera il divenire e si trasforma in “non ancora”, un allontanamento dal punto di partenza che è considerato inferiore e negativo rispetto alla meta verso cui si tende. La negatività richiede di essere superata, e tale superamento avviene attraverso l’anticipazione del futuro, tramite la speranza, e attraverso la rivoluzione, come sua attuazione.

Il concetto di “non ancora” indica, anche se in modo indicativo, il contenuto utopico finale, ancora latente e non ancora definito nei suoi precisi contenuti. Questo concetto rappresenta una totalità che non è ancora data né sperimentata, ma è la meta ultima, l’éschaton. In questo senso, il marxismo di Bloch si ricollega alle dottrine religiose della salvezza e alle tradizioni del messianismo giudaico e cristiano, come ad esempio espresso nel XVI secolo da Thomas Münzer, un teologo della rivoluzione predicata tra i contadini in Germania e dell’abolizione del feudalesimo.

Il marxismo di Bloch può sembrare un’escatologia che condivide il carattere ottimistico e militante di questa tradizione nell’attesa e nella lotta per un futuro migliore, ma con la differenza che l’éschaton per Ernst Bloch non rappresenta un ritorno a una situazione originaria precedente al peccato, bensì consiste nel radicalmente nuovo, nell’imprevedibile e nell’inimmaginabile. Inoltre, senza l’ateismo, cioè senza l’eliminazione di un Dio concepito come un’entità data, non è possibile trascendere in modo utopico verso un futuro aperto. Il regno della libertà non è il regno di Dio, ma il regno dell’uomo nuovo su una terra nuova, in cui la natura e l’uomo possono trovare il loro compimento in un’alleanza pacifica tra di loro.

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