Questo passo è tratto dal Dialogo Terzo dell’opera “De gli eroici furori” di Giordano Bruno. In questo brano, Bruno discute dell’amore e della bellezza, affermando che gli amori veri e nobili hanno come oggetto la divinità e tendono verso la bellezza divina. L’autore distingue tra gli amori puramente animali, che sono limitati alla generazione e all’istinto naturale, e gli amori eroici, che sono più elevati e spirituali.
Tutti gli amori (se sono eroici e non son puri animali, che chiamano naturali e cattivi alla generazione, come instrumenti de la natura in certo modo) hanno per oggetto la divinità, tendeno alla divina bellezza, la quale prima si comunica all’anime e risplende in quelle; e da quelle poi o, per dir meglio, per quelle poi si comunica alli corpi; onde è che l’affetto ben formato ama gli corpi o la corporal bellezza, per quel che è indice della bellezza del spirito.
Anzi quello che m’innamora del corpo è una certa spiritualità che veggiamo in esso, la qual si chiama bellezza; la qual non consiste nelle dimensioni maggiori o minori, non nelli determinati colori o forme, ma in certa armonia e consonanza de membri e colori.
Questa mostra certa sensibile affinità col spirito a gli sensi più acuti e penetrativi; onde sèguita che tali più facilmente ed intensamente s’innamorano; ed anco più facilmente si disamorano, e più intensamente si sdegnano, con quella facilità ed intensione, che potrebbe essere nel cangiamento dello spirito brutto, che in qualche gesto ed espressa intenzione si faccia aperto; di sorte che tal bruttezza trascorre da l’anima al corpo, a farlo non apparir oltre come gli apparía bello.
La beltà dunque del corpo ha forza d’accendere, ma non già di legare e far che l’amante non possa fuggire, se la grazia, che si richiede nel spirito, non soccorre, come la onestà, la gratitudine, la cortesia, l’accortezza. Però dissi bello quel fuoco che m’accese, perché ancor fu nobile il laccio che m’annodava.
Interpretazione del Dialogo Terzo dell’opera “De gli eroici furori” di Giordano Bruno
Bruno sostiene che ciò che lo attrae nel corpo non è tanto la bellezza fisica in termini di dimensioni, colori o forme specifiche, ma piuttosto una certa spiritualità che si manifesta attraverso un’armonia e una consonanza dei membri e dei colori. Questa bellezza è percepita dai sensi più acuti e penetranti e crea un’affinità sensibile con lo spirito. Bruno suggerisce che coloro che possiedono tali sensi acuti sono più facilmente e intensamente innamorati, ma anche più facilmente disinnamorati e più intensamente indignati, in modo simile a come si potrebbe trasmettere un brutto spirito attraverso gesti e espressioni che rendono il corpo brutto nonostante la sua apparente bellezza.
L’autore afferma che la bellezza del corpo ha il potere di accendere la passione amorosa, ma non può legare l’amante in modo permanente se non è sostenuta da qualità spirituali come la grazia, l’onestà, la gratitudine, la cortesia e l’accortezza. Questi attributi del carattere sono necessari per mantenere il legame e impedire la fuga dell’amante. Bruno conclude dicendo che il fuoco che lo ha acceso era bello perché il legame che lo teneva era nobile.
In questo passaggio, Giordano Bruno esprime una concezione filosofica dell’amore e della bellezza che va oltre l’aspetto fisico e sottolinea l’importanza degli elementi spirituali e morali nella relazione amorosa. Bruno sostiene che l’amore autentico si eleva al di là delle caratteristiche superficiali del corpo e si basa sulla bellezza spirituale e sull’armonia degli individui.