
Credere in Dio è una virtù o un vizio?
Nel libro il Dizionario dei vizi e delle virtù, Salvatore Natoli tratta e approfondisce l’Etica del finito: vizi e virtù.
L’autore, nel passo che segue, riflette sul tema “Dio” e cerca una risposta attraverso un excursus filosofico.
“Nella Gaia Scienza l’uomo folle annuncia la morte di Dio : lo annuncia come qualcosa di inatteso e inaudito a gente che della cosa è già ben informata e l’aveva già dimenticato. Ben prima d Nietzsche l’annuncio della morte di Dio lo avevano dato Feuerbach e Marx quando avevano mostrato che Dio altro non era che una proiezione/soluzione dei bisogni e delle contraddizioni degli uomini.
Nel frattempo l’uomo era cresciuto e di Dio non ne sentiva neppure il bisogno.” Dio resta morto, e noi lo abbiamo ucciso”, dice il folle.
Ma la gente non ha riflettuto sulle conseguenze di quella morte. Se Dio è una proiezione dell’uomo, la sua uccisione equivale ad un omicidio. Se muore Dio deve morire l’uomo costruito a sua immagine. Dio è morto, ma l’uomo non si è liberato della sua immagine.
L’uomo moderno si è fatto Dio in immagine divenendo idolo, idolatra di se stesso. Dopo la morte di Dio, l’uomo ha ritenuto di potersi emancipare, di divenire indipendente. Invece non è capace di governare se stesso: si crede infinito, non sa fare i conti con la propria morte, spesso fugge da se’.
A fronte del rischio di morte, per il timore dell’uomo, riappare Dio che era venuto a mancare. Riappare dunque come “esperienza della mancanza” e come enigma del mondo, l’enigma che noi stessi siamo.
Il Dio che sopravvive alla morte di Dio è figura dell’assenza, metafora della nostra incompletabile incompletezza.
Dio è la via tramite cui viene allo scoperto la nostra finitudine. È questa la ragione per cui credenti e non credenti talora si confondono e al di là dei molti fraintendimenti, ugualmente si incontrano”.
Secondo te, cos’è Dio? Scrivilo nei commenti a questo post!
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