Nel Simposio Platone parla soprattutto dell’oggetto dell’amore, la bellezza, ma indaga anche la natura dell’amore attraverso il mito di Eros. Sebbene prenda le distanze dalla mitologia, che presenta Eros come «il più bello fra tutti gli immortali» (Esiodo), Platone conserva la dimensione dinamica, inquietante, di questa tradizione, che fa di Eros un’energia che spinge alla ricerca della bellezza in tutte le sue manifestazioni, fino a giungere alla bellezza in sé. Essendo quest’energia presente in ogni individuo, Platone definisce l’uomo stesso come “tensione” verso il bello. Il racconto è narrato da Diotima, una donna che «in queste cose era molto sapiente e in molte altre».
Il brano che segue è tratto dal Simposio
Quando nacque Afrodite, gli dèi tennero banchetto e fra gli altri c’era Poros (l’Espediente), figlio di Metis, (la Perspicacia). Dopo che ebbero tenuto il banchetto, venne Penia (la Povertà) a mendicare, poiché c’era stata una grande festa, e se ne stava vicino alla porta.
Successe che Poros, ubriaco di nettare , dato che il vino non c’era ancora, entrato nel giardino di Zeus, appesantito com’era, fu colto dal sonno. Penia, allora, per la mancanza in cui si trovava di tutto ciò che ha Poros, desiderando di avere un figlio da Poros, giacque con lui e concepì Eros. Per questo, Eros divenne seguace e ministro di Afrodite, perché fu generato durante le feste natalizie di lei; ad un tempo è per natura amante della bellezza, perché anche Afrodite è bella”.
“Dunque, in quanto Eros è figlio di Penia e di Poros, gli è toccato un destino di questo tipo. Prima di tutto è povero sempre, ed è tutt’altro che bello e delicato, come ritengono i più. Invece, è duro e ispido, scalzo e senza casa, si sdraia sempre per terra senza coperte, e dorme all’aperto davanti alle porte o in mezzo alla strada e, poiché ha la natura della madre, è sempre accompagnato dalla povertà.
Per ciò che riceve dal padre, invece, egli è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, ricercatore di sapienza per tutta la vita, straordinario incantatore, preparatore di filtri, sofista . E per sua natura non è né mortale né immortale, ma, in uno stesso giorno, talora fiorisce e vive, quando riesce nei suoi espedienti, talora, invece, muore, ma poi torna in vita, a causa della natura del padre. E ciò che si procura gli sfugge sempre di mano, sicché Eros non è mai né povero di risorse, né ricco. Inoltre, sta in mezzo fra sapienza e ignoranza.
Ed ecco come avviene questo. Nessuno degli dèi fa filosofia, né desidera diventare sapiente, dal momento che lo è già. E chiunque altro sia sapiente, non filosofa. Ma neppure gli ignoranti fanno filosofia, né desiderano diventare sapienti. Infatti, l’ignoranza ha proprio questo di penoso: chi non è né bello né buono né saggio, ritiene invece di esserlo in modo conveniente. E, in effetti, colui che non ritiene di essere bisognoso, non desidera ciò di cui non ritiene di aver bisogno”.
“Chi sono, allora, o Diotima – io dissi –, coloro che filosofano, se non lo sono i sapienti e neppure gli ignoranti?”. “È ormai chiaro – rispose – anche ad un bambino che sono quelli che stanno a mezzo fra gli uni e gli altri, e uno di questi è appunto anche Eros. Infatti, la sapienza è una delle cose più belle, ed Eros è amore per il bello. Perciò è necessario che Eros sia filosofo, e, in quanto è filosofo, che sia intermedio fra il sapiente e l’ignorante. E causa di questo è la sua nascita: infatti, ha il padre sapiente pieno di risorse, e la madre non sapiente priva di risorse”.
Questo brano è tratto dal dialogo “Il Simposio” di Platone, in cui il personaggio di Socrate riporta l’insegnamento di Diotima riguardo all’origine e alla natura di Eros, il dio dell’amore. Diotima spiega che Eros è il figlio di Penia (la Povertà) e Poros (l’Espediente o l’Ingegno), entrambi dei dell’Olimpo.
Secondo la storia narrata da Diotima, durante un banchetto degli dèi in occasione della nascita di Afrodite, Penia si presenta alla porta in cerca di aiuto poiché era in uno stato di povertà. Poros, ubriaco di nettare, si addormenta nel giardino di Zeus. Penia decide allora di unirsi a Poros per concepire un figlio e nasce così Eros.
Diotima descrive Eros come un essere dal destino particolare. Da parte di sua madre, eredita la povertà e le sue caratteristiche: è duro, scalzo, senza dimora e accompagnato sempre dalla povertà stessa. Da parte di suo padre, Eros possiede astuzia, coraggio, audacia, creatività e una passione per la saggezza. Non è né mortale né immortale, ma può fiorire o morire a seconda delle circostanze.
Inoltre, Diotima spiega che Eros occupa una posizione di mezzo tra sapienza e ignoranza. Gli dèi non filosofano perché sono già sapienti, mentre gli ignoranti non hanno il desiderio di diventare saggi. Tuttavia, coloro che filosofano sono coloro che si trovano a metà tra i sapienti e gli ignoranti, proprio come Eros. Questo è dovuto alla sua nascita, con un padre sapiente e una madre non sapiente.
In sintesi, secondo l’interpretazione di Diotima, Eros è il filosofo intermedio, colui che aspira alla sapienza e all’amore per il bello. La sua natura è una combinazione di elementi contrapposti, rappresentati dalla sua discendenza da Penia e Poros. Questo rende Eros un essere ambiguo, costantemente in cerca della saggezza e del bello, e con una natura che oscilla tra la vita e la morte.
Eros, scrive Platone, “sta in mezzo tra sapienza ed ignoranza”, perché l’amore è desiderio e ricerca di ciò che non si possiede. Come Eros, anche il filosofo si trova in una posizione intermedia: egli desidera e cerca la sapienza, è attratto da essa, perché ne intuisce la bellezza, senza tuttavia possederla. Da qui il concetto di filosofia intesa come insonne ricerca della sapienza.
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