Saramago rivisita ai giorni nostri il mito di Platone nel suo romanzo La Caverna, in cui il Centro, gigantesca costruzione che domina la città e ne modifica progressivamente il profilo e la fisionomia, simboleggia l’interno della caverna, l’opinione passiva dell’uomo, la sua concezione della verità in virtù delle forme e delle immagini che gli vengono mostrate.
La vicenda è incentrata su un’onesta famiglia di poveri artigiani composta da Cipriano Algor, vasaio, la figlia Marta, e il genero Marçal, guardiano in prova presso il Centro, un luogo misterioso, fulcro di ogni attività economica e amministrativa.
La vita procede normalmente, con il vasaio che consegna a scadenze regolari le sue stoviglie al magazzino del Centro, finché un giorno, inaspettatamente e senza alcuna avvisaglia che potesse far presagire qualcosa, il Centro annulla il suo ordine per le ceramiche di Cipriano, gettandolo nell’angoscia di un futuro improvvisamente fosco.
A quel punto Cipriano e la figlia decidono di cimentarsi in un nuovo progetto da sottoporre al Centro: statuette d’argilla raffiguranti diversi personaggi. Contro ogni previsione, il Centro accetta, ordinandone mille e duecento..
“ Non è facile lasciar perdere certe idee dopo aver visto ciò che ho visto. E cosa avete visto. Chi sono quelle persone? Siamo noi, disse Cipriano Algor”
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