
“Un giorno la “Cura”, attraversando un fiume, vide del fango argilloso; sovrappensiero lo raccolse e cominciò a dargli forma. Mentre rifletteva su ciò che aveva fatto, si avvicinò Giove e la “Cura” gli chiese di dare lo spirito di vita a ciò che aveva fatto; Giove acconsentì volentieri. Ma quando essa volle dare il suo nome alla sua opera, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio nome. Mentre la “Cura” e Giove disputavano sul nome intervenne anche Terra esprimendo il desiderio che fosse dato il suo nome, perché essa, la Terra, gli aveva dato il proprio corpo. I disputanti elessero a giudice Saturno (il Tempo), il quale comunicò ai contendenti la seguente decisione: “Tu, Giove, che le hai dato lo spirito, al momento della sua morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che le hai dato il corpo, riceverai il suo corpo, ma poiché fu la “Cura” che per prima diede forma a questa creatura, sarà lei che ne costituirà la vita. E per quanto concerne la controversia sul nome, la creatura si chiami “homo” poiché è fatta di “humus” (terra). “
Tratto da "Il Mito della cura dalla Favola di Igino” in Martin Heidegger, Essere e Tempo.
La “cura”, secondo Heidegger, rappresenta una dimensione dell’esistente con una doppia interpretazione filosofica: come essenza stessa dell’uomo in quanto “opera della cura”, e come modo in cui l’uomo si occupa di sé e degli altri.
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